Risoluzione per recesso unilaterale di una parte ed ammissibilità di una successiva sentenza di risoluzione per inadempimento anteriore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16856.

Risoluzione per recesso unilaterale di una parte ed ammissibilità di una successiva sentenza di risoluzione per inadempimento anteriore

La sentenza di accertamento della risoluzione di un contratto ad esecuzione continuata per recesso unilaterale di una parte, ai sensi dell’articolo 1373 del codice civile, non preclude la pronuncia, in un successivo e distinto giudizio, di una sentenza di accoglimento della domanda, avente contenuto e presupposti diversi, di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi: tale pronuncia, avendo carattere costitutivo ma efficacia retroattiva al momento dell’inadempimento, prevale, infatti, rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale per la priorità nel tempo dell’operatività dei suoi effetti.

 

Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16856. Risoluzione per recesso unilaterale di una parte ed ammissibilità di una successiva sentenza di risoluzione per inadempimento anteriore

Data udienza 24 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: CONTRATTO – Contratto a esecuzione continuata – Risoluzione per recesso unilaterale di una parte – Ammissibilità di una successiva sentenza di risoluzione per inadempimento anteriore – Sussiste. (Cc, articoli 1373, 1456 e 1460)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dai Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Relatore-Consigliere

ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA

sul ricorso 25366-2018 proposto da:

FALLIMENTO (…) Srl, in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato GI.CA. per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO Lo.Gi. GROUP Srl, in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato RO.CO. per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI FERMO depositato il 31/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/1/2024 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;

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FATTI DI CAUSA

1.1. Il giudice delegato al Fallimento di (…) Srl, respinta ogni contestazione relativa all’an, determinò in Euro 829.431,37, sulla scorta della disposta consulenza tecnica d’ufficio, l’indennizzo dovuto dalla procedura, ai sensi dell’ art. 79 l .fall., alla Lo.Gi. Group Srl, affittuaria dei rami d’azienda produttivo e commerciale della società poi fallita, a seguito del recesso del curatore dai due contratti.

1.2. Il reclamo ex art. 26 L. fall. proposto dal Fallimento (…) contro il provvedimento del G.D. è stato accolto solo parzialmente dal Tribunale di Fermo che, con decreto del 31 luglio 2018, ha ridotto ad Euro 484.345,19 la somma dovuta dal reclamante al (nelle more dichiarato) Fallimento della Lo.Gi. Group Srl, costituitosi in giudizio, ma ha respinto i motivi di impugnazione volti a contestare il diritto stesso dell’affittuaria ad ottenere l’indennizzo.

1.3. In particolare, e per ciò che nella presente sede ancora rileva, il tribunale ha escluso che il Fallimento reclamante potesse far constare l’inadempimento contrattuale di GML Group, resasi morosa nel pagamento di sette mensilità d’affitto, e così avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nei contratti, rilevando che tale volontà non era desumibile dal comportamento negoziale assunto dal curatore, il quale, con raccomandata trasmessa il 27 marzo 2015, aveva esercitato il recesso “ex artt. 72 e 79 L. fall.”, “con ciò scegliendo in modo inequivoco di voler recedere dai contratti di affitto di azienda alla stregua di detta disposizione…” e, con la stessa lettera, aveva contestato che l’indennizzo fosse dovuto solo sotto il profilo, del tutto irrilevante, della revocabilità dei contratti ai sensi degli artt. 66 L. fall. e 2901 c.c.

1.4. Il Fallimento della (…) Srl, con ricorso notificato in data 30/8/2018, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione del decreto.

1.5. Il Fallimento Lo.Gi. Group Srl ha resistito con controricorso.

1.6. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Appare opportuno rilevare preliminarmente che, come già affermato da questa Corte con riguardo all’art. 80 L. fall. (cfr. Cass. n. 26574 del 2022), il provvedimento emesso dal giudice delegato ai sensi dell’art. 79 L. fall., assunto all’esito di un procedimento informale e sommario che è sottratto alle regole previste dal capo V della legge per l’accertamento del passivo e che, dunque, deroga al disposto dell’art. 111-bis, 1° comma, L. fall., è impugnabile, in mancanza di una previsione ad hoc, col reclamo ex art. 26 L .fall. (mezzo ordinario di impugnazione dei decreti del G.D. “quando non diversamente disposto”).

2.2. Non v’è dubbio, poi, che il decreto del tribunale che pronuncia sul reclamo sia suscettibile di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento provvisto dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto incidente sul diritto all’indennizzo di una delle parti del contratto di affitto e non altrimenti impugnabile.

2.3. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il tribunale omesso di pronunciare sul motivo di reclamo con cui il curatore aveva eccepito l’inadempimento dell’affittuaria e dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa.

2.4. Con il secondo motivo il Fallimento (…) svolge analoga doglianza sotto il diverso profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti.

2.5. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1456 e 1460 c.c., censura il decreto impugnato per aver il tribunale rigettato il reclamo senza considerare che l’esercizio del diritto di recesso da parte del curatore non precludeva, a fronte del pregresso inadempimento dell’affittuaria, il suo diritto a far valere, in via di eccezione, la clausola risolutiva espressa e la priorità nel tempo dell’operatività dei suoi effetti.

2.6. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

2.7. Il fallimento, a norma dell’art. 79 L. fall., non è causa automatica di scioglimento del contratto di affitto d’azienda pendente, il quale prosegue salvo che l’affittante o l’affittuario dichiari, entro sessanta giorni, di voler recedere dallo stesso, corrispondendo un indennizzo che, in caso di dissenso tra le parti, “è determinato dal giudice delegato” e, se “dovuto dalla curatela”, “è regolato dall’articolo 111, n. 1”, assumendo, così, i caratteri del credito prededucibile ex lege.

2.8. Il dissenso, peraltro, può riguardare non solo il quantum, e cioè l’ammontare, ma anche (e prima ancora) l’an dell’indennizzo e, in tale seconda ipotesi, può avere ad oggetto tanto la sussistenza dei fatti costitutivi del relativo diritto (quali, ad es., l’avvenuta stipulazione del contratto, la sua opponibilità al fallimento, la sua effettiva pendenza alla data di apertura della procedura) quanto l’allegazione dei possibili suoi fatti estintivi, modificativi ed impeditivi (ad es. la revocabilità del contratto ex artt. 66 ss. L. fall., il suo scioglimento di diritto, ex art. 1456 c.c., o la sua risoluzione a seguito dell’inadempimento del contraente in bonis). Pertanto, ad onta dell’espressione anodina utilizzata dal legislatore, la decisione assunta dal giudice delegato ai sensi dell’art. 79 cit. si estende a tutte le questioni riguardanti la pretesa indennitaria che formano oggetto di contestazione fra le parti.

2.9. Ciò premesso, risulta evidente l’errore nel quale è caduto il tribunale, là dove si è limitato ad escludere che la volontà del curatore del Fallimento di (…) di avvalersi della clausola risolutiva espressa potesse desumersi dalla comunicazione da questi inviata alla controparte, con la quale dichiarava di recedere dai contratti di affitto d’azienda ai sensi degli artt. 72 e 79 L. fall., ma non ha tenuto conto del fatto (debitamente evidenziato in ricorso, in ossequio al principio di specificità, e comunque emergente dalla lettura del decreto impugnato) che l’allora reclamante, nel corso di entrambi i gradi del procedimento di merito, aveva comunque contestato il diritto dell’affittuaria all’indennizzo, eccependo il pregresso inadempimento della stessa e invocando in suo favore la clausola in questione.

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2.10. La clausola risolutiva espressa può infatti essere fatta valere tanto in via di azione, quanto di eccezione: nel primo caso, ove accerti la ricorrenza delle condizioni richieste, il giudice è tenuto a pronunciare la risoluzione; nel secondo deve, invece, limitarsi a rigettare la domanda in relazione alla quale l’eccezione risulta proposta (Cass. n. 167 del 2005); analogamente, la dichiarazione del creditore della prestazione inadempiuta di volersi avvalere della clausola (ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1456, comma 2°, c.c.) non dev’essere necessariamente contenuta in un atto stragiudiziale precedente alla lite, ma può manifestarsi per la prima volta anche nel corso del giudizio o nell’atto introduttivo di quest’ultimo, anche se nullo (Cass. n. 5436 del 1995, Cass. n. 9275 del 2005; cfr. anche Cass. n. 7178 del 2002, secondo cui la risoluzione di diritto di un contratto non opera automaticamente per effetto del mero inadempimento di una delle parti, ma nel momento in cui il contraente nel cui interesse è stata pattuita la clausola risolutiva comunica all’altro contraente l’intenzione di volersene avvalere con manifestazione che, in assenza di un’espressa previsione formale, può essere consacrata anche in un atto giudiziale).

2.11. Questa Corte, d’altro canto, ha già avuto modo di affermare che la sentenza di accertamento della risoluzione di un contratto ad esecuzione continuata per recesso unilaterale di una parte, ai sensi dell’art. 1373 c.c., non preclude la pronuncia, in un successivo e distinto giudizio, di una sentenza di accoglimento della domanda, avente contenuto e presupposti diversi, di risoluzione del medesimo contratto per inadempimento anteriormente verificatosi: tale pronuncia, avendo carattere costitutivo ma efficacia retroattiva al momento dell’inadempimento (art. 1458 c.c.), prevale, infatti, rispetto alle altre cause di risoluzione del medesimo rapporto contrattuale (quale, nella specie, il recesso del curatore ex art. 79 L. fall.) per la priorità nel tempo dell’operatività dei suoi effetti (cfr. Cass. n. 16110 del 2009; Cass. n. 14623 del 2018).

2.12. All’accoglimento dei motivi sin qui esaminati consegue la cassazione del decreto impugnato, con rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Fermo in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

2.13. Restano assorbiti il quarto e il quinto motivo di ricorso, che investono il capo della pronuncia impugnata determinativo dell’ammontare dell’indennizzo.

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P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Fermo in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 24 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2024.

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