Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16891.
Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
In tema di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta, l’art. 1494 cod. civ. pone a carico del venditore una presunzione di colpa che viene meno solo se lo stesso provi di avere ignorato incolpevolmente l’esistenza dei vizi.
Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16891. Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
Data udienza 13 giugno 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti – Vendita – Obbligazioni del venditore – Garanzia per i vizi della cosa venduta – Effetti della garanzia – Risarcimento del danno – Presunzione di colpa a carico del venditore – Sussistenza – Limiti – Principio ribadito in controversia relativa a fornitura di prodotti alimentari contaminati
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIUSTI Alberto – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere-Rel.
Dott. VALERIA PIRARI Valeria – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26258/2019 R.G. proposto da:
(…) Srl, elettivamente domiciliato in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato PA.RO. (omissis) rappresentato e difeso dagli avvocati SA.ER. (omissis), DE.FE. (omissis)
-ricorrente-
contro
(…) Spa, elettivamente domiciliato in ROMA VIA (…), presso lo studio dell’avvocato LA.SI. (omissis) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SA.EM. (omissis)
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 2436/2019 depositata il 04/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2024 dal Consigliere ANTONIO MONDINI.
Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
PREMESSO CHE
1. Il 31 gennaio 2011, la società per azioni (…) stipulava con la società a responsabilità limitata (…) un contratto di fornitura di 1.055.304 barattoli di ravioli di pollo in salsa di pomodoro, da destinare al Bureau d’Intervention et de Restitution Belge, ente di stato belga.
Il 10 maggio 2011, (…) riceveva dal Bureau una lettera di contestazione circa la presenza, in alcuni barattoli, di rigonfiamenti e ossidazioni con fuoriuscita di prodotto dovuta alla fermentazione del contenuto. Lo stesso giorno (…) informava la fornitrice inviandole anche fotografie.
Il 16 maggio 2011 (…) riceveva dall’ufficio Rasf della Direzione Generale Salute e Protezione del Consumatore della Commissione Europea comunicazione di avvio della procedura di allarme comunitario relativa ai prodotti oggetto di fornitura per la presenza di botulino. Nella comunicazione era prescritta la distruzione del prodotto come misura obbligatoria.
Il 1° giugno 2011, (…) inviava a (…) copia della istanza presentata all’ufficio per la revisione del provvedimento.
Il 18 luglio la (…) comunicava alla (…) l’intenzione di impugnare la decisione dell’Ufficio davanti alla competente autorità giudiziaria belga.
Infine, (…) dava esecuzione all’ordine di distruzione.
In relazione ai fatti sopra esposti, (…) citava (…) in giudizio per sentirla condannare al risarcimento dei danni. La convenuta si opponeva alla domanda e chiedeva in via riconvenzionale la condanna della attrice al pagamento del saldo della fornitura.
L’adito Tribunale di Pavia rigettava la domanda principale ritenendo che la (…) avesse, con la distruzione del prodotto, tenuto un comportamento contrario a buona fede rendendo impossibile per (…) dimostrare l’assenza di vizi a sé imputabili del prodotto fornito. Il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale.
La (…) appellava la sentenza.
La Corte di Appello di Milano accoglieva in parte l’appello osservando che “l’appellata era stata posta in condizione di esercitare pienamente i controlli che le avrebbero permesso di dimostrare l’adempimento delle sue obbligazioni prima della distruzione della fornitura”, che infatti la stessa era stata avvertita fin dal 10 maggio 2011 delle contestazione dell’ente belga e, pochi giorni dopo, era stata avvisata dell’avvio della procedura di allerta comunitario con previsione di obbligo di distruzione del prodotto, che l’appellata avrebbe quindi dovuto attivarsi quanto prima per procurarsi la prova delle condizioni dei barattoli e delle cause del deterioramento, che non poteva muoversi alla (…) alcun addebito di scorrettezza né per avere proceduto alla distruzione del prodotto né per non avere impugnato l’ordine di distruzione o “percorso fino in fondo la possibilità di ottenere la limitazione dell’ordine” ad una parte soltanto della fornitura, che, infatti, la proposizione di azioni giudiziarie eccede quanto pretendibile dal creditore a salvaguardia dell’interesse del debitore, che, per di più, la mancata impugnazione del provvedimento era seguita ad un parere legale chiesto dalla (…) da cui era risultato che “fosse del tutto dubbio che il rimedio avrebbe sortito esito positivo”, che “la presenza in alcuni barattoli di rigonfiamenti, ossidazioni e persino fuoriuscita di prodotto dovuta alla fermentazione del contenuto, con presenza di botulino, attestata da controlli effettuati da un ente pubblico- l’Afsca -non era stata nemmeno negata dall’appellata che si era limitata a protestare la sua estraneità alle relative cause stante l’osservanza nella produzione degli standard di qualità prescritti”, che tuttavia andavano escluse cause alternative al processo produttivo e non imputabili alla appellata posto che, in astratto, tali cause alternative avrebbero potuto essere individuate o in “maldestre manovre nel trasporto” o in “errori di conservazione”, ma la prima sarebbe stata comunque imputabile alla (…) risultando dagli atti che la stessa si era occupata del trasporto “individuando il vettore e fatturando al (…) il relativo costo” e la seconda sarebbe stata anch’essa imputabile alla (…) posto che “il processo di produzione avrebbe dovuto comunque scongiurare la formazione di tossicità pur ove i barattoli fossero stati ricoverati in un magazzino inadeguato” e, in più, detta ipotetica causa alternativa andava in concreto esclusa non risultando che l’ente comunitario avesse “sollevato alcun rilievo in ordine alle condizioni del deposito Hendickx dove il materiale è stato stoccato”. La Corte di Appello, tanto osservato, concludeva che, per un verso, “stante la presenza di vizi della merce tali da comportarne l’assoluta inidoneità al consumo relativamente all’intero lotto atteso che la distruzione di tutta la partita era imposta dal principio di precauzione di cui all’art. 7 del reg. CE 178/2002”, niente spettava alla (…) e, per altro verso, spettava invece alla (…) un risarcimento pari a complessivi 73.875,67 euro per differenza -pari a 18.731,04 euro tra le spese sostenute per acquistare presso terzi merce sostitutiva di quella distrutta -300.960,63 euro – e il prezzo che avrebbe dovuto essere corrisposto alla (…) -282.229,59 euro -, per spese sostenute per la distruzione del prodotto avariato -29.144,63 euro – e per spese -26.000,00 euro- sostenute “per procurarsi un parere legale prima di adeguarsi all’ordine dell’Afsca”;
2. Contro la sentenza in epigrafe ricorrono la (…), in via principale con cinque motivi, e la (…), in via incidentale condizionata con due motivi;
3. Le parti hanno depositato memoria;
Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso principale vengono lamentati la violazione degli artt. 1325 e 2697 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di Appello riconosciuto alla (…) il risarcimento di 18.731,04 per maggior costo della merce acquistata in sostituzione di quella avariata. La Corte di Appello ha riconosciuto tale risarcimento, solo facendo richiamo al documento 17 della (…): ” …l’appellata ha infatti acquistato presso terzi altra merce analoga a quella distrutta al prezzo di 300.960,63 (doc. 17 att.) superiore al prezzo che avrebbe dovuto essere corrisposto alla (…) euro 282.229,59: la differenza di 18.731,04, giustificata dall’urgenza con la quale la (…) ha dovuto approvvigionarsi della merce in sostituzione, deve essere riconosciuta a titolo risarcitorio”. Sottolinea la ricorrente che quel documento, incorporante il testo di un contratto di acquisto tra (…) e Scana Noliko NV, non era sufficiente a dimostrare che la (…) avesse effettivamente concluso il contratto trattandosi di documento sottoscritto solo dalla (…) e non anche dalla Scana Noliko. Deduce che la Corte di Appello avrebbe inoltre errato nel ritenere provato il danno pur in mancanza di “documentazione (fatture, documenti di trasporto, assegni, bonifici) atta a dimostrare il rapporto commerciale tra le parti (…)/terzi)”; 2.il motivo è fondato: è pacifico che il documento 17 abbia il contenuto indicato dalla (…); l’acquirente che alleghi di aver dovuto acquistare beni sostitutivi di quelli viziati forniti dal venditore e chieda di essere risarcito del danno corrispondente al costo dell’acquisto deve dimostrare, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1223 e 2697 c.c., di aver effettuato l’acquisto e di aver pagato il prezzo dei beni sostitutivi.
La Corte di Appello non ha spiegato come abbia potuto ritenere assolto l’onere della prova incombente sulla (…) con il solo richiamo al documento 17 della (…);
3. con il secondo motivo di ricorso principale vengono lamentati la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di Appello riconosciuto alla (…), in base al documento 32 dalla stessa prodotto, il risarcimento di 26.000,00 euro per spese “per procurarsi un parere legale prima di adeguarsi all’ordine AFSCA”.
La ricorrente sostiene che il documento 32 non indica la somma di 26.000,00 ma, “proprio in merito a quel parere, indica una somma totalmente diversa (975,00)”. Precisa che il parere è stato reso dallo studio LMBD del Belgio. Nel corpo del motivo dà conto di altre spese documentate dalla (…) in un Prospetto Spese Legali e anch’esse contestate: spese per compensi di due studi legali italiani.
Sostiene poi che il parere sarebbe stato “totalmente inattendibile essendo stato reso, sulla base di cognizioni parziali, da soggetti assolutamente incompetenti”.
Sostiene infine di avere sempre eccepito che la controparte non aveva provato di avere effettivamente pagato né l’importo di 975,00 né l’importo di 26.000,00;
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4. Il motivo è, nei limiti che seguono, fondato.
Va innanzi tutto evidenziato che la Corte di Appello non ha riconosciuto alla (…) 26.000,00 “per il parere” reso dallo studio legale belga ma per “procurarsi il parere”. Con ciò evidentemente ha inteso includere anche le spese degli studi italiani di cui nel prospetto del quale la stessa ricorrente dà conto.
Valutazioni sulla attendibilità o non attendibilità del parere e sulla competenza di chi l’ha reso sono estranee al giudizio di legittimità. La Corte di Appello non ha tuttavia spiegato come abbia potuto ritenere assolto l’onere della prova, incombente sulla (…), dell’effettivo esborso delle spese legali di cui trattasi sulla base della documentazione di cui al prospetto;
5. con il terzo motivo di ricorso principale vengono lamentati la violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di Appello riconosciuto alla (…) il risarcimento di 29.144,63 euro per spese “sopportate per la distruzione della merce avariata” in base ai documenti “18,19 e 22”.
La ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe commesso un errore di percezione posto che nel documento 19 erano indicati “costi di distruzione merci” pari a 15.716,96 euro; 6.il motivo è inammissibile: “un errore percettivo sul contenuto oggettivo della prova, censurabile in sede di legittimità, si configura in caso di avvenuta utilizzazione, da parte del giudice di merito, di prove che non esistono nel processo ovvero che abbiano un contenuto oggettivamente ed inequivocabilmente diverso da quello loro attribuito e che, tuttavia, sostengono illegittimamente la decisione assunta (non già in base a una motivazione viziata, bensì) in violazione di un parametro di fonte legislativa” (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n.37382 del 21/12/2022); la ricorrente non tiene conto del fatto che la Corte di Appello si è riferita non solo al documento 19 ma anche ai documenti 18 e 22. Questi documenti, per quanto riportato nel controricorso, attestano spese per la differenza tra 29.144,63 euro e 15.716,96 euro; 7. con il quarto motivo di ricorso principale vengono lamentate la violazione e falsa applicazione degli artt. 1375 e 2697 c.c. per avere la Corte di Appello escluso che il comportamento della (…), consistito nell’aver dato esecuzione all’ordine di distruzione della merce senza aver impugnato il provvedimento, fosse contrario a buona fede. Deduce, in sostanza, la ricorrente di avere sollecitato la (…) a proporre impugnazione e che la stessa sarebbe stata tenuta a farlo non avendo essa ricorrente possibilità di farlo direttamente in quanto non destinataria dell’ordine. La ricorrente deduce ancora di avere fornito alla (…), in data 10 maggio 2011, documentazione attestante il rispetto di tutti gli standard di produzione e che la (…) avrebbe quindi avuto materiale utile a contestare con prospettive di successo il provvedimento dell’Afsca. Allega che l’ordine di distruzione avrebbe potuto essere impugnato con prospettive di successo anche perché emesso in difetto di contraddittorio. Allega, ancora, che la Corte di Appello avrebbe trascurato il fatto che, nel bando di gara emesso dal Bureau per l’acquisto del prodotto, era previsto che il prodotto scelto sarebbe stato sottoposto a controllo di qualità prima della messa a disposizione e che quindi, per il fatto che il prodotto era stato acquisito, doveva ritenersi che avesse superato il controllo; 8. il motivo è inammissibile.
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Al di là di allegazioni in fatto, inammissibili in questa sede di legittimità, la ricorrente mira ad ottenere dalla Corte di cassazione un terzo grado di giudizio di merito con globale riconsiderazione del materiale istruttorio in modo da superare la conclusione della Corte di Appello per cui non poteva dirsi che la (…) non avesse fatto quanto pretendibile, in base al criterio di buona fede (di cui agli artt. 1175, 1375 c.c. e, in ultimo, dell’art. 2 Cost.) per salvaguardare l’interesse della (…). Il giudizio sulla sussistenza o meno della buona fede importa un apprezzamento di fatto, sottratto al sindacato di legittimità ove sorretto da esauriente motivazione e ispirato a esatti criteri giuridici.
La Corte di Appello non solo ha correttamente affermato che la proposizione di azioni giudiziarie eccede quanto pretendibile creditore a salvaguardia dell’interesse del debitore (v., oltre alle sentenze citate dalla Corte di Appello, Cass. Sez. 3 -, ordinanza n. 24552 del 05/10/2018) ma ha anche evidenziato che, nel caso specifico, la (…) si era premurata di acquisire un parere legale ed aveva poi deciso di non impugnare il provvedimento essendo da quel parere emerso che “fosse del tutto dubbio che il rimedio avrebbe sortito esito positivo”;
9. con il quinto motivo di ricorso principale vengono lamentate la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. del “principio della causalità prevalente e della teoria del più probabile che non”, per avere la Corte di Appello ritenuto che la causa dell’avaria della merce fosse riconducibile a difetti del processo produttivo;
10. il motivo è infondato.
Merita ricordare che è onere del compratore provare la sussistenza dei vizi della cosa.
Le Sezioni Unite, a composizione di contrasto, hanno ribadito l’orientamento tradizionale, per cui, in base ai princìpi generali di riparto dell’onere, spetta al compratore provare l’esistenza dei vizi che allega (Cass., sez. un., 3 maggio 2019, n. 11748, citata anche dalla Corte di Appello).
Nel caso di specie la Corte di Appello ha dato conto del fatto che la presenza dei vizi posti a fondamento dell’azione di garanzia non solo era dimostrata “dai controlli effettuati dall’Afsca” sul prodotto ma “non è stata in realtà nemmeno negata dall’ appellata ((…)) che si è limitata a protestare la sua estraneità alle relative cause, stante l’osservanza nella produzione degli standard di qualità prescritti”.
Si addebita al giudice d’appello l’omesso esame di un fatto per non aver tenuto conto delle risultanze della CTU, disposta in primo grado, secondo cui, essendo stato il prodotto interamente distrutto, non era possibile stabilire “se la contaminazione riscontrata sia da riferire a un errore di processo (esempio sterilizzazione) o a inquinamento successivo alla produzione per perdita di ermeticità dei contenitori per difetto di saldatura o di formazione di micro fessure a seguito di manipolazioni errate nello stoccaggio, il trasporto o la distribuzione”. La censura non coglie nel segno.
Il giudice d’appello ha esaminato le possibili cause dei difetti del prodotto e ha concluso doversi affermare che esse fossero riferibili, comunque, alla (…) perché relative alla produzione o perché connesse al trasporto (anch’esso curato dalla (…)) niente consentendo di ipotizzare che i vizi fossero insorti a causa della situazione dello spazio in cui erano stati immagazzinati.
La Corte di Appello si è dunque attenuta al principio per cui “in tema di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta, l’art.1494 cod. civ. pone a carico del venditore una presunzione di colpa che viene meno solo se lo stesso provi di avere ignorato incolpevolmente l’esistenza dei vizi” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.7863 del 19/07/1995).
La Corte di Appello non ha in alcun modo violato l’art. 2697 c.c., tale violazione configurandosi soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (v. Cass. 26769 del 2018);
Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
11. con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce che ove, in “accoglimento del secondo motivo di ricorso principale si volesse intendere che la sentenza ha esclusivamente inteso condannare Meridionale al rimborso delle sole spese sostenute per il parere legale dei legali belgi e non invece come si sostiene sia interpretazione correlata a tutte le spese connesse al suddetto parere ed alla connessa vicenda incluse quelle dei legali italiani a supporto nella relativa assistenza”, la sentenza risulterebbe in contrasto con gli artt. 2697 c.c., 115, e 116 c.p.c. e viziata da omesso esame di un fatto “ovvero le spese sostenute dalla (…) per l’assistenza legale ulteriore rispetto a quella del parere belga”;
12.il motivo resta assorbito.
Il secondo motivo di ricorso principale non è stato accolto sotto il profilo a cui il primo motivo di ricorso incidentale è condizionato bensì sotto il diverso profilo per cui la Corte di Appello non ha chiarito come possa aver riconosciuto il diritto al risarcimento delle spese legali senza dar conto di aver esaminato l’eventuale prova del relativo esborso;
13. il secondo motivo di ricorso incidentale è condizionato all’accoglimento del quarto o del quinto motivo di ricorso principale;
14. il motivo resta assorbito in quanto sia il quarto sia il quinto motivo di ricorso non sono stati accolti;
15. in conclusione devono essere accolti il primo e il secondo motivo di ricorso principale, rigettati gli altri motivi di ricorso principale e dichiarati assorbiti i due motivi di ricorso incidentale. In relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione;
16. il giudice del rinvio dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese dell’intero processo;
Risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta e la presunzione di colpa a carico del venditore
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso principale, rigetta gli altri motivi di ricorso principale e dichiara assorbiti i due motivi di ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del processo.
Roma 13 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2024.
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